Il Presepe di Giuseppe Curcio

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presepe_curcioQuella del Presepe, per Giuseppe Curcio, è una passione antica nata sotto le austere navate della chiesa del Collegio dove, sotto la guida del parroco don Ninno Fuoco, fra canti della “novena” e profumi d’incenso veniva, costruito ogni anno un artistico presepe.

Una passione che si manifestò in uno dei primi anni ’50.

Mancavano pochi giorni al Natale, quando gli atterriti abitanti della Calavecchia sentirono un terribile “sgalasciu” provenire dalla casa del nostro amico, allora dodicenne.

Gli accorsi, allibiti, lo trovarono davanti ai resti di un tavolino “fracomato” che si era “sbracato” sotto il peso di numerose pietre, ora sparse sul pavimento, miste a resti dicarta di sacchi di cemento, giornali, pezzi di sughero e minuterie varie: finiva così il primo tentativo di costruire un presepe e nessuno avrebbe mai potuto pensare che il fallimento avrebbe vieppiù alimentato la sua voglia di realizzare un plastico che ospitasse la Natività.

Invece ritroviamo Giuseppe Curcio, ormai adulto, che allestisce, nel piccolo negozio gestito dalla moglie in Via Roberto Mirabelli, un Presepe che, di anno in anno, si allarga sempre di più a discapito delle merci, tanto che, per la quiete familiare, trasferisce il tutto nella sua casa alle palazzine popolari.

Ha un solo figlio, la casa è piccola, ma il posto si trova sempre per un Presepe ancora più bello e più rifinito.

Poi i figli diventano due… tre… quattro… cinque… sei… e, quando si approssima il Natale, sono costretti a vivere “ammunzellati” per far posto a case, montagne, fontane, laghetti, pastori, Re Magi e comete sempre più grandi.

La moglie “arrestivata” è costretta a dargli un ultimatum: “O ’u prisebiu, o nui!”.

“Peppino” accetta, ma non finisce qui!

Imperterrito (siamo ormai arrivati al 1982), costruisce il Presepe all’aperto, sotto una tettoia, nello spazio antistante alle palazzine popolari, circondato dalla curiosità e dall’aiuto del vicinato.

Il posto, divenuto meta di numerosissimi visitatori, dopo qualche anno risulta angusto e scomodo: occorre trovare una nuova collocazione, un sito stabile dove poter lavorare quasi tutto l’anno per realizzare una struttura migliorabile nel tempo.

Gli viene incontro la Curia di Cosenza che gli concede, in uso, uno spazio del terreno a suo tempo acquistato per la costruzione della Chiesa di Santa Croce di Gerusalemme (con la sottoscrizione dei fedeli e l’encomiabile impegno del compianto parroco don Giovanni Posa).

E’ il 1989: finalmente Giuseppe Curcio è libero di creare e di manifestare la sua arte realizzando, con pazienza certosina, incomparabili e fantastici scenari nei quali il paesaggio della nostra terra, il richiamo del mare e delle nostre colline, si mescola a quello della Palestina, in un turbinio di luci e di ombre che contribuiscono a sottolineare la rustica bellezza dei pastori e lo scintillio delle acque.

Ed è presso il suo Presepe che noi lo abbiamo incontrato, è lì che ci ha raccontato questa sua “favola” che, ogni anno, si rinnova e rivive.

Mentre parla con noi continua a lavorare sul suo banchetto per “vestire” un nuovo pastore o per costruire con sapiente maestria una casa, un recinto, un ponticello, un carro…

E i suoi occhi hanno la stessa luce che illumina il volto di un bimbo felice.

Pino Del Pizzo

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