Francesco Alfano

CiccioAlfano

Un’orma indelebile nell’Amantea del XX° secolo

alfano ciccioAgli inizi del secolo scorso, Pasquale Alfano, originario di Misterbianco, come tutti i ”quadarari”, era un girovago per necessità, costretto a trascorrere buona parte dell’anno lontano dalla sua casa e dai suoi affetti.

Infatti, esclusi i pochi giorni in cui si fermava presso le case di benestanti per la costruzione o la riparazione delle gronde per la raccolta di acqua piovana, ogni giorno era costretto a spostarsi, di paese in paese e di campagna in campagna, per la produzione e la riparazione di utensili casalinghi di rame o di alluminio.

Il suo girovagare, oltre che in Sicilia, lo portava spesso in Calabria, soprattutto nel reggino, dove nel 1908 fu sorpreso dal catastrofico terremoto che lo indusse a trasferirsi in provincia di Cosenza, a Dipignano, comune notissimo per l’alta specializzazione raggiunta dai suoi “maestri ramai” sin dal 1300.

ciccio alfano 3Essendo rimasto vedovo, e con tre figli da accudire (Peppino, Antonio e Carmela), decise di risposarsi con Tarquinia Provenzano,  una giovane conosciuta ad Amantea, città nella quale si stabilì definitivamente.

Da questa unione nacquero Rocco, Salvatore, Rita, Francesco e Cenzino che, insieme ai fratelli di primo letto, dettero vita ad una famiglia numerosa, onesta e laboriosa, ben guidata ed educata al sacrificio quotidiano che, ben presto, dette i suoi risultati e la possibilità di diversificare le fonti di guadagno anche con attività stanziali come il commercio.

L’officina, impiantata in corso Vittorio Emanuele (“suttu ‘a vota”) era un buco nero pieno di fuliggine, con un bancone tutto sgangherato dove venivano collocati i vari attrezzi necessari: enormi forbici per tagliare i fogli di lamiera, verghe di stagno, tenaglie, il saldatoio e, in un recipiente, l’acido che serviva per la pulitura dei vari oggetti.

Vicino al tavolo c’era la forgia, piccolo fornello, pieno di carbone attizzato con l’aria immessa mediante un giro della manovella posta di lato,  nel quale si scaldava il saldatoio.

Non mancava un grosso incudine con vari martelli di legno e di ferro per piegare la lamiera utilizzata per la realizzazione dei vari oggetti.

Nel negozio, oltre al pentolame in rame o alluminio, anche stoviglie, piatti, bicchieri e insalatiere che venivano venduti soprattutto in occasioni di richieste o matrimoni e facevano parte della dote delle spose.

Francesco  (Ciccio, per parenti ed amici) sin da giovane aveva dimostrato poca passione per il lavoro ed il mestiere dei fratelli, ma era riuscito a rendersi oltremodo utile per le sue doti di organizzatore e per la gestione contabile di quella che era divenuta una vera e propria azienda familiare.

Alla fine degli anni ’50, quasi a simbolo del successo, la famiglia Alfano costruì in via Dogana, all’angolo con via Mazzini, il primo palazzo in cemento armato alto ben cinque piani che per gli amanteani fu subito chiamato “il grattacielo”.

Nel frattempo, a poco a poco la famiglia aveva abbandonato l’antico mestiere e, pur restando uniti, ognuno dei fratelli aveva intrapreso una nuova attività commerciale.

ciccio alfano 4Ciccio che aveva aperto, proprio nei magazzini del “grattacielo” un modernissimo e fornitissimo negozio di ferramenta e colori, ma anche di materiale elettrico, utensileria, macchinari per l’edilizia e l’agricoltura, forte dell’esperienza maturata nell’edificazione del palazzo della famiglia, con lo spirito imprenditoriale si dedicò alle costruzioni e con molta lungimiranza convinse i fratelli ad acquistare i terreni nei quali prevedeva l’espansione urbana.

E’ innegabile che il suo acume in questi investimenti segnò il più importante momento per costruire un piccolo impero economico nel quale hanno trovato lavoro decine di nostri concittadini e che ha concorso alla crescita economica e sociale della città.

Francesco Alfano, spesso punto di riferimento per i commercianti e per i politici locali, oltre agli impegni di lavoro dedicava molto del suo tempo alla famiglia, spesso rimandando di curarsi anche quando le condizioni di salute avrebbero richiesto una maggiore attenzione.

Dopo la sua prematura scomparsa, formati dall’esempio e dagli insegnamenti paterni, i figli ne continuano le attività e perpetuano il ricordo di un cittadino che ha lasciato, certamente, un segno  nell’Amantea del XX° secolo.

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