ROCCO NEVE è uno dei dieci soci fondatori dell’Associazione degli Amanteani nel mondo
Ha scritto “t’amo” sulla… targa
Rocco Neve
Un amore infinito per il suo paese e i suoi concittadini
(di Pino Del Pizzo)
Da che mondo è mondo, ogni essere umano ha desiderato esternare i propri sentimenti e parteciparli nelle forme più svariate e romantiche: la poesia, il canto e la musica sono da tutti riconosciute come le arti che più riescono a manifestare l’amore inteso come sentimento profondo di stima e di dedizione verso qualcuno o qualcosa.
Ebbene,no!
Il nostro Rocco, l’amore per la sua città l’ha voluto gridare ai quattro venti con una targa automobilistica portata in giro per gli “states”…. orgoglioso di essere Italiano, fiero di essere calabrese di ” ‘a Mantiella ‘a terza”.
Eppure l’Italia e il suo paese natio gli avevano dato solo una vita di stenti, rinunce e sacrifici che lo avevano costretto ad emigrare in Venezuela giovanissimo (1952), dove era entrato a far parte della numerosa colonia di Amanteani con i quali si struggeva di nostalgia nelle lunghe notti tropicali…
Chiudendo gli occhi gli sembrava di udire ancora i suoni della Calavecchia così ben descritti dalla poesia di Antonio Furgiuele: le grida che accompagnano i giochi dei bimbi, il picchiare del martello sull’incudine, il raglio dei ciuchi, il canto di allegri beoni, l’abbaiare dei cani…
Poi, improvvisamente, i rumori tacciono e dal silenzio emerge il nitido canto di Filumena Neve, la sua mamma lontana e il groppo alla gola sembra volerlo soffocare.
Ma bisogna resistere. Lavorare e risparmiare. Risparmiare per sperare. Sperare per poter continuare a vivere.
Dopo qualche anno (1958) si sposa con Maria Chiappetta e dal matrimonio nascono due figli (Federico e Rita): si trasferisce negli Stati Uniti, a New York, ma la moglie muore giovanissima e Rocco si trova ancora una volta solo e con due bambini piccoli da seguire e accudire.
Sono anni durissimi in cui emerge il carattere dell’uomo, la forza dei sentimenti e della fede, la tenacia – patrimonio della povera gente del sud.
Molto più tardi, cedendo alle insistenze di aprenti ed amici, accetta di risposarsi (1968) con Italia, la sua attuale moglie, anch’essa calabrese, originaria di Casole Bruzio.
Dopo una vita di lavoro, attualmente vive in Florida, a Tampa: quando le circostanze glielo permettono ritorna qui da noi… e ogni volta trova il paese cambiato e la gente diversa. La Calavecchia, che ha sepolto sotto l’improbabile e improponibile ristrutturazione, la sua umanità e il suo calore, non ospita più i rumori di un tempo e, fra le pietre antiche, a Rocco sembra ancora di riudire le canzoni di Filumena…
Ma è solo il vento.
LITTLE ROCK
la sua piccola pietra, emigrante come lui
Per oltre mezzo secolo l’aveva sempre portata in tasca con se: sul lavoro e nei momenti di relax, nello shopping e nelle gite, ai matrimoni e ai funerali, in tutti i suoi viaggi.
Non era altro che una piccola pietra di mare, del suo mare, che amava toccare e accarezzare ogni volta che era preso dalla nostalgia e dalla solitudine.
Era la “little rock”, levigata dalle onde, raccolta sulla spiaggia proprio il giorno in cui era stato costretto ad emigrare.
Un gesto fatto quasi inconsciamente dettato dal desiderio di portare con se, nelle lontane Americhe, un pezzo della sua terra, della sua infanzia e della sua vita.
Sul treno che correva nella notte l’aveva stretta nel pugno con rabbia e con angoscia.
Sulla brandina del piroscafo, che solcava le onde dell’oceano navigando verso il Venezuela , era stata compagna delle sue veglie cariche di sogni e di speranze.
Rocco, da allora, non si era più separato, nemmeno per un istante, da quello che riteneva l’oggetto più prezioso della sua esistenza.
La sua “little rock” era diventata il suo amuleto e la sua confidente con la quale, tante volte, si era sorpreso a dialogare nei momenti di gioia o di dolore
Gli bastava stringerla fra le dita, o solamente guardarla nel palmo della mano, per sentire un calore e un conforto che nessuno sapeva dargli.
Amava tanto la sua piccola pietra, emigrante come lui, strappata alla sua terra, privata della compagnia delle sue simili più fortunate restate sulla spiaggia di Amantea a farsi cullare dalle onde del Tirreno e a crogiolarsi al sole di splendide estati….
Ogni volta che tornava in Italia, dopo aver salutato parenti e amici, il suo primo pensiero era quello di recarsi sulla spiaggia, tirarla fuori dal taschino e deporla sulla battigia perché fosse lambita dalle onde.
Mentre l’immergeva e la guardava rotolarsi nella schiuma, gli piaceva credere ed immaginare che anche la sua compagna raccontasse di un paese freddo e lontano, della sua gioia di essere tornata, del suo desiderio di restare per sempre dove era nata.
“Little rock” era una parte di lui, quasi una protesi. Un’appendice che lo teneva legato alla sua terra.
Rocco sapeva di amarla.
In virtù di questo amore, aveva fatto a se stesso una tacita promessa che, negli ultimi giorni dell’agosto del 2012, decise di mantenere in occasione della sua ultima venuta in Italia.
Trascorso il periodo di vacanza, la vigilia della partenza per rientrare negli Stati Uniti, accompagnato dal figlio Federico, che lo aveva raggiunto dall’Inghilterra, nelle ultime luci della sera, si incamminò verso la “marina”.
La spiaggia deserta si immergeva nella limpida acqua che rosseggiava sotto i raggi del sole al
tramonto.
Lo scricchiolio dei passi mise in fuga uno stormo di gabbiani che riposavano sulla battigia e le loro grida si persero, come i loro voli, verso l’orizzonte.
Rocco si tolse le scarpe, arrotolò i pantaloni ed entrò nell’acqua: un brivido gli corse lungo la schiena, ma sapeva che non era stata l’acqua a provocarlo.
Lentamente sfilò dalla tasca il fazzoletto che conteneva la piccola pietra che depose nel palmo della mano.
La guardò per qualche istante, poi si chinò a baciarla prima di lasciarla scivolare nei flutti.
Un leggero tonfo.
Solo qualche minuscolo schizzo.
Poi una scia di piccole bolle d’aria segnò la corsa verso il fondo: “Little rock” aveva raggiunto le sue compagne. La piccola pietra era tornata per sempre nel suo habitat: chissà se anche lui avrebbe avuto la stessa fortuna!…
Ripiegò con cura il fazzoletto e, prima di deporlo nel taschino, lo passò sul viso per asciugare le lacrime:
“ E’ solo uno schizzo d’acqua” disse rivolgendosi a Federico mentre risaliva sulla spiaggia.
……………………….
Più tardi, dal finestrino dell’aereo che lo riportava verso gli USA, Rocco, guardando la distesa del mare, non poté fare a meno di mormorare:
“ Addio, piccola amica…. Grazie…. Grazie per quanto hai fatto per me!”
Pino Del Pizzo