C’era una volta un omino che ricordo ancora, con la sua divisa bianca.
Avanzava per la strada strascicando lentamente i passi, fermandosi ad ogni uscio e a ogni finestra.
Non ho mai saputo da dove fosse venuto, e quando. So solo che noi bambini lo aspettavamo: aveva gli occhi lucidi e sempre sorridenti. Doveva essere molto buono o, per lo meno, con noi bambini lo era.
“Famme ’u galluzzu” … … E lui, pronto, pigiava le dita sul suo consunto organetto e tirava fuori quel suono.
Poi riprendeva il suo cammino…
Non chiedeva mai niente, ma tutti avevano per lui un soldino o un pezzo di pane o un piatto di minestra calda che consumava seduto sullo scalino della porta.
Ed il Natale, come ogni altra festa, era annunziato dal suono del suo organetto e dal suo canto roco e chioccio di “novene” incomprensibili, forse da lui stesso inventate.
Poi cominciarono ad aspettarlo i figli della mia generazione: e lui puntualmente arrivava… mentre i suoi passi si erano fatti sempre più strascicati e la sua voce più fioca…
Un giorno scomparve: i primi ad accorgersene furono proprio i bambini.
Andò via così, come era arrivato, per chiudere i suoi giorni in un ospizio di vecchi ai quali avrà cantato le sue incomprensibili novene, ma negli ultimi giorni di vita, certamente, avrà avuto nostalgia dei bambini e le sue dita, forse, inconsciamente avranno premuto i tasti per fare ancora una volta ’u galluzzu …
C’era una volta un omino vestito di bianco che suonava l’organetto…
C’era una volta … Nicodemo…
di Pino Del Pizzo